domenica 5 aprile 2009

Gianfranco Franchi ospite martedi' 7 aprile @ Brussellando


In anteprima assoluta a Brussellando le prime anticipazioni sul libro in uscita per CASTELVECCHI, "Monteverde".

Chi é Gianfranco Franchi (Trieste, 1978): Letterato mitteleuropeo-romano, laureato in Lettere Moderne. Ha pubblicato, in narrativa: “Disorder” e “Pagano” (Il Foglio Letterario, 2006; 2007); in poesia: “L'inadempienza” (Il Foglio Letterario, 2008). In saggistica, ha curato la plaquette “Lettere alle tre amiche” di Scipio Slataper (Alet, 2007); in uscita, “Radiohead. Kid A. Testi commentati” (Arcana, 2009) e "Monteverde" (Castelvecchi, 2009).

Anima di Lankelot.eu, portale di letteratura e scienze attivo dal 2003, collabora con diverse testate, web o cartacee.


Per più informazioni:

PAGANO - romanzo.
DISORDER - raccolta di racconti.
L'INADEMPIENZA - poesie.

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Quotes

“Politicamente e culturalmente scorrettissimo” (Alessandro Giuli, RadioRai1).

“Franchi? Uno scrittore guerriero” (Nicola Vacca – Il Secolo)

“Il nuovo Bianciardi” (Gordiano Lupi – Tellus Folio)

LANKELOT.EU è un portale indipendente di arti e scienze, attivo dal 2003. Oltre 3200 articoli pubblicati, circa 42mila commenti, oltre 2500 passaggi al giorno; google rank 5/10 (uno dei più elevati in assoluto, nelle webzine letterarie italiane). Franchi, ideatore e animatore del progetto, coordina circa 180 collaboratori, selezionati negli anni, provenienti da tutt'Italia – Istria, Fiume e Ticino inclusi.

1 commento:

Brussellando ha detto...

by Patrizia Garofalo

“L’inadempienza”
autore: Gianfranco Franchi
edizioni: il Foglio

Mancata esecuzione della nota successiva.


“il dolore è una torre
di pietre
levigate dal ghiaccio.
Nelle segrete della torre
si nascondono i poeti.
Amiamo nutrirci di riflessi di luce”pag 37
L’indicazione ,come una strada, invita dove trovare la “voce”. In alto, nelle segrete di una torre, pietre levigate riflettono luce ma non consentono di scendere e allontanarsi dal male , semmai di precipitare per inabissarsi fino a tornare tra i vivi,
per una “incoronata” morte fino all’alba, quando inizierà di nuovo, il tormento di sé.
“Insofferente gigante di carta e fantasia” pag 85, Gianfranco Franchi scandaglia la sua fragilità e forza, nascita e morte in versi dove, la dolorosa coscienza dell’insufficienza della parola è gridata, sofferta, dicotomica, spezzata davanti alla vita che mai potrebbe essere “adempienza”, pena la sua morte.”dalla poesia corrotto/rovesciai l’innocenza e mi parve rinnovato/il canto degli antichi,la prosa dei presenti”incisivo l’enjamblemant che vede insieme l’innocenza del poeta e il canto degli antichi, e colora di nostalgie un passato nel quale Gianfranco trova momentanea identità al suo essere “barbaro”. Roma e Trieste si conciliano nello slancio che lo vede cercare nell’annullamento dei confini, una patria ideale che è la parola poetica di cui si ciba e che scorre da sempre nelle sue vene; prima di una nuova e dolorosa coscienza di sé e del vuoto, della desolazione, dell’abbandono, nelle notti prima dell’alba. Si offrirà cantore mendico di una Roma fatiscente , sentirà il sangue della materna Trieste , ormai musa delusa, pulsare nelle vene e scorrere di ricordi.
Il poeta deve naufragare , penetrare, perdersi prima di poter riaffermare la sua voce “ la mia terra m’ha inghiottito e adesso la posso raccontare” “pagano” pag86 consapevole che è insito nella vita il vero insulto alla parola dell’anima , a questo si offre morendo “in vita” per rinascere dagli abissi e dall’Ade da cui risale angelo-demonio ,
inviso agli uomini e orrendo essere per un Dio che ha osato sfidare. L’ibris minaccia il poeta che invece la accetta, la accoglie, la sfida e, ad oscure notti, alterna arriva anche la percezione della vita “camminammo nella vasca dei cristalli/ nella notte dal confine sottile;/ allora le onde ci assediavano/ fredde/ inconsistenti,/ e nessuno sembrava avere sguardo./ Ad un tratto pensammo/ di sfiorare/la vita”pag56
e poi “ammutinato disertai la rotta/ nella galleria viola nascosto/ artefatto e gracile”pag57 Nella parola “cristallo” e “gracile”, i poeti riguardano da torri di cristallo che facilmente si rompono, si infrangono in silenzi rumorosi , in muscoli contratti dal resistere nonostante la fragilità della coscienza e della consapevolezza dell’essere “fingitori”, intrisi d’arte, letteratura che, nel mentre li definisce poeti, chiede l’odioso patto di un’arte consapevole dell’inadempienza.
La dedizione alla parola, sempre sentita dall’autore “la radio spenta sembra/ trasmettere voci conosciute”e l’arte come sublimazione dolorosa dell’essere, mi rimanda al patto con il demone ( in questo caso angelo precipitato nella ricerca) del Doctor Faustus ; le Muse sono spesso invocate nel cammino del viandante, del nomade , del poeta, di Adrian Leverkin quasi supporto alla difficoltà di salire e accettare poi la caduta nella voragine , il sentimento, che potrebbe trovare la morte nella sua espansione e coscienza tende ad essere ridimensionato nella razionalità e quasi emarginato , il dolore individuale anche nel Nostro si presta ad ampiezze riflessive sulla storia di popoli, genti, dolori, incontri nella configurazione di un mondo suicida di sé dopo omicidi consumati di bellezze e antichi splendori ; il patto sarà violato, la follia condurrà Adrian traditore all’incoscienza di un infanzia e la ricchezza del sentire si moltiplicherà nel poeta dell’inadempienza ,in una sfida a resistere anche nella nostalgia, altro grande filo conduttore di queste liriche. Essa invade e si estende nella percezione consapevole, ma non per questo meno dolorosa, di un tempo che non fluisce ma rimanda voci, amori, desideri, passioni che si stampano nella scrittura che li imprigiona e li contiene insieme, non concede dimenticanza , ritorno, memoria d’accompagno proprio per la pagina scritta che tesse intorno tela di ragno insufficiente all’espansione d’amore spesso ricacciata ed obliata per non soffrire. “La nostalgia è nel pianto/d’una madre trascurata/spenta e sofferente/esule eremita/dalla terra dei ricordi/””Ti ho conosciuta, terra./Ti ho pianto mare/Sono sceso per la scogliera/Raggiante di speranze-/Le onde bagnavano i miei piedi./Nella spiaggia trovai una conchiglia./Quella morte risuonò a lungo./pag42 Questa ultima lirica, composta di tutte maiuscole a capoverso come se si dovesse prendere fiato più volte e dove l’aggettivo”raggiante”, unico della composizione è stoppato da un segno orizzontale, viene a significare un fermo volontario all’espansione del sentimento scolpito nella geografia dell’anima dell’autore che prosegue nell’opera in un continuo spartito musicale della coscienza alla quale talvolta concede lacrime e sorrisi in una mancata esecuzione della prossima nota.pag.74”isolato nel mutuo frastuono/ Respiro/ fuori tempo…/la marea cadeva nel cielo/e niente aveva più sfumature/ ho assunto/domani uno sguardo nuovo/
Se la poesia è”Illegittima pretesa d’immortalità”pag 123 capita che”la parola ritorna come un torrente di tuoni/ascolto adesso/e finalmente piango”pag 127.