Abbiamo parlato di The vanishing face of Gaia, cioè l'ultimo libro dello scienziato James Lovelock, ancora non tradotto in italiano. Lovelock punta il dito sulle differenze fra le previsioni blande e graduali dell'IPPC e le misurazioni dell'innalzamento del livello delle acque. Dice che oramai non c'è ritorno: il riscaldamento globale è inarrestabile, il meglio che possiamo fare e adattarci invece di cercare di combatterlo con mezzi assolutamente inadeguati. Secondo Lovelock quindi si dovrebbe puntare sull'energia nucleare e quella solare, uniche alternative vere del carbonio e del petrolio. Si dovrebbe rendere i territori che rimarranno fertili autonomi e capaci di accogliere rifugiati dai territori desertificati. Si dovrebbe fare attenzione di mantenere sufficiente territorio libero e lasciato all'autoregolazione di Gaia, il pianeta vivente, perché la sua rigenerazione fosse possibile.
Lovelock non c'illude. Il processo include guerre, migrazione, morte, un tempo di rigenerazione di 200 mila anni - e un filino di speranza di conservare la civiltà umana e di imparare a convivere con il pianeta Gaia.

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